Se il 25 aprile è per tutti gli italiani l’anniversario della Liberazione d’Italia, per i Veneziani è molto di più: è una data che per la Regina dell’Adriatico e per i suoi cittadini ha un significato molto più profondo.
Il 25 aprile si ricorda la consacrazione della basilica intitolata al Santo patrono della Città, San Marco Evangelista. Delle reliquie del Santo si impadronirono due mercanti veneziani: Buono da Malamocco e Rustico da Torcello, i quali giunsero a Venezia il 31 gennaio 828 d.C, superando il controllo degli arabi, una tempesta e l’arenarsi su una secca.
Le reliquie furono accolte dal Doge Giustiniano Partecipazio e riposte provvisoriamente in una piccola cappella, in cui oggi si trova il tesoro di San Marco.
La Basilica fu consacrata il 25 aprile del 1094, quando il Doge era Vitale Falier; ma già nel 1071 S. Marco fu scelto come titolare della Basilica e Patrono della Serenissima, perché, come racconta la storia veneta, proprio l’evangelista Marco, discepolo prima dell’apostolo Paolo e poi di Pietro, mentre era in vita, evangelizzò le genti venete, divenendone patrono. San Marco divenne così il patrono e l’emblema della città, assumendo le sembianze di un leone alato che brandisce una spada e stringe tra le zampe un libro, sulle cui pagine si legge “Pax Tibi Marce Evangelista Meus” (Pace a Te, o Marco Mio Evangelista).
In questa data storica, però, ricorre anche un’altra festa popolare centenaria: la festa del “bócoło”, secondo la cui tradizione, bisogna portare in dono a mogli e fidanzate un bocciolo di rosa rossa (in veneto bócoło) in segno d’amore.
La tradizione del bócoło si fa risalire al IX secolo d.C. e vede protagonista Maria, detta Vulcania, figlia del doge Angelo Partecipazio (810 – 827 d.C), la quale voleva sposare un giovane trovatore di nome Tancredi. I due videro la propria unione osteggiata dal padre della donna e allora Maria chiese a Tancredi di partire con l’esercito dei Franchi per combattere gli Arabi in Spagna così da conseguire la fama e la gloria, che avrebbero concesso ai due la benedizione del Doge.
Tancredi si distinse per valore e sacrificio sul campo di battaglia e la sua fama ben presto raggiunse ogni angolo d’Europa, giungendo fino a Venezia per la gioia di Maria.
Tuttavia, un giorno a Venezia arrivò un cavaliere di nome Orlando, [cavaliere celebrato poi nel poema epico della Chanson de Roland] il quale annunciò a Maria la morte di Tancredi sul campo di battaglia. Questi, caduto morente su di un rosaio, ebbe la forza di raccogliere una rosa intrisa del suo sangue chiedendo di farla recapitare alla donna amata. La giovane, ricevuto il fiore, si strinse nel silenzio per la morte di Tancredi e la fine del suo amore. Il giorno seguente fu trovata morta con il fiore tra le mani: era il giorno di San Marco.
Da quel giorno a Venezia si usò e si usa tutt’oggi regalare un bocciolo di rosa rossa alla propria metà.
Erano dedicati a san Marco anche il 31 gennaio, ricordo dello sbarco a Venezia delle reliquie, e il 25 giugno, data del rinvenimento, nel 1094, del luogo dove erano state occultate.
Dopo la seconda guerra mondiale, la data del 25 aprile coincide con l’anniversario della Liberazione d’Italia dal nazifascismo; per tale motivo, al fine di non perdere la giornata festiva annuale, il comune di Venezia ha scelto di spostare la festività locale del patrono al 21 novembre, anniversario dedicato alla Madonna della Salute, che ricorda la fine dell’epidemia della
Simone Carpanese
Insomma, per il popolo della Serenissima, il 25 aprile ha un significato più antico, profondo, radicato nella storia e nella cultura di un popolo millenario e prestigioso, conosciuto in tutto il mondo e rappresentato da una città unica e incredibile.