Mangia consapevole

Nella guerra del prezzo e nella spasmodica corsa a diventare il Master Chef della situazione, il rischio di perdere la bussola nella preparazione dei cibi da servire è dietro l’angolo. La cosa triste è che tutto questo va a discapito soprattutto del consumatore finale che, già mal abituato dai prodotti industriali della grande distribuzione, anche al ristorante rischia di cadere nella trappola degli additivi alimentari coi quali perde la naturale percezione di gusto della materia prima e del prodotto di qualità, che troppo spesso viene sostituito da altri tipi di prodotti fin troppo scadenti, rinforzati poi con trucchetti che nulla hanno a che vedere con la sana cucina alla quale ogni vero ristoratore dovrebbe ambire. Gli additivi alimentari non sono da confondere con gli ingredienti. Si tratta di sostanze sintetiche natural-identiche o naturali prive di importanza a livello nutrizionale che aggiunte agli alimenti devono svolgere alcune funzioni come migliorare la conservabilità, rallentando il deterioramento microbico e ritardando l’ossidazione; migliorare le proprietà sensoriali quali consistenza, gusto, aroma e colore; facilitare la lavorazione, il condizionamento, il trasporto o l’immagazzinamento; offrire prodotti con determinate caratteristiche nutritive (esempio i dolcificanti in sostituzione dello zucchero). Gli additivi erano già usati nell’antichità come il salnitro per carni e pesci in salamoia in Mesopotamia; coloranti ed aromatizzanti nell’antico Egitto; anidride solforosa come conservante per bevande nell’antica Roma; acido salicilico usato dalle nostre nonne per la conservazione di salse al pomodoro; acido acetico e lattico per preservare frutta e legumi dalla putrefazione; sale e fumo per la conservazione dei cibi. In alcuni casi e su soggetti particolarmente sensibili gli additivi possono essere causa di allergie. Il glutammato, in particolare, insieme ad altre sostanze è responsabile del cosiddetto “quinto gusto”, o “Umami”, che insieme al dolce, salato, amaro e acido costituisce i cinque gusti percepibili dall’uomo. Infatti esiste sulla lingua un recettore specifico per questa sostanza. Proprio per questa capacità di stimolare i recettori del gusto il glutammato è in grado di rendere più intensi i sapori dei cibi, poiché accresce la presenza di altre componenti di attivazione del gusto, creando un complesso di sensazioni di piacere e appetibilità tipici degli alimenti in cui è presente. Il glutammato è un additivo alimentare che ha assunto una pessima fama, un po’ a ragione un po’ a torto. Proviamo a fare chiarezza. Il glutammato monosodico è un additivo alimentare utilizzato a livello industriale per insaporire i cibi confezionati e per la preparazione dei dadi da brodo, vegetali o di carne. E’ sufficiente controllare gli elenchi degli ingredienti presenti sulle varie confezioni per rendersi conto della sua onnipresenza. Le posizioni al riguardo sono molto diverse. Il suo consumo è stato correlato alla comparsa di obesità, intolleranze, allergie, sensibilizzazioni, sintomi momentanei e patologie degenerative molto gravi. Come nel caso di molti altri ingredienti alimentari, è possibile reperire in proposito studi, ricerche e pareri del tutto favorevoli o completamente contrari al suo consumo e impiego. L’European Food Information Council (Eufic), descrive il glutammato monosodico come il sale sodico dell’acido glutammico ovvero un amminoacido naturale presente in quasi tutti gli alimenti, con particolare riferimento a quelli molto proteici come la carne, il pesce e i prodotti caseari ed inoltre anche in alcune verdure. Il glutammato monosodico utilizzato dall’industria alimentare non è però naturale. Mentre inizialmente veniva estratto da alcuni cibi, come le alghe, ora viene ottenuto completamente grazie alla più economica fermentazione controllata. Eufic afferma inoltre che il glutammato monosodico è una sostanza che può essere utilizzata per esaltare il gusto degli alimenti senza rischi per la salute. Non vengono indicati limiti di assunzione o quantità raccomandate. In buona sostanza, il glutammato non è dannoso per la salute, o almeno non ci sono studi e prove scientifiche che lo attestino, ma il suo utilizzo come esaltatore di sapidità andrebbe rimesso in discussione soprattutto per come viene usato. Infatti il glutammato viene frequentemente impiegato per migliorare alcuni prodotti alimentari come piatti e zuppe pronte, carni in scatola e dadi da brodo, ottenuti partendo da materie prime di dubbia qualità. La presenza di glutammato come additivo, dunque, potrebbe essere indice di scarsa qualità delle materie prime. Quindi quando vai al ristorante, potresti trovarti difronte a vari tipi di realtà, chi non utilizza alcun tipo di additivi ma punta alla qualità superiore delle materie prime, chi li utilizza in maniera oculata, attenta e ne fa un uso consapevole, chi invece, giocando al risparmio, si prende la responsabilità di anestetizzare e violentare le papille gustative dei suoi clienti, fregandosene altamente della materia prima e della qualità di quello che serve e crea attorno al cibo una totale ignoranza sulla percezione della qualità prezzo. Ecco allora che da cliente hai sempre la possibilità di scegliere dove mangiare e la qualità di quello che introduci nel tuo organismo, come ristoratore, oltre al resto, dovresti assumerti la responsabilità di creare cultura alimentare e lasciare la guerra del prezzo alla grande distribuzione.